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Cheval des Andes, l’assemblaggio perfetto

Per una degustazione speciale di Cheval des Andes l’atmosfera è quella giusta, ovvero il ristorante Uliveto del Rome Cavalieri Waldorf Astoria.

 

Metà giugno, clima caldo. Tutto è curato in modo maniacale per accogliere i vini di questa azienda che sono una meravigliosa alchimia tra la storia di Bordeaux e le potenzialità del terroir di Mendoza. A raccontarci di questo magico incontro c’è Lorenzo Pasquini, technical manager e winemaker di Cheval Des Andes. Romano, liceo classico “Visconti” e laurea in Agraria a Pisa, ha completato i suoi studi proprio a Bordeaux, dove è entrato nel magico mondo dei Medoc.

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Il suo racconto è affascinante, narra dell’incontro tra Bernard Arnault e il barone Albert Frère, proprietari di Château Cheval Blanc, e Pierre Lurton, persona legatissima al Malbec. Nasce così l’idea di un’azienda in Argentina.

 

Lurton si recò a Mendoza per visitare la storica zona di produzione di Terrazas de los Andes dove incontrò prima Hervé Birnie-Scott e poi il viticoltore Roberto de la Mota, figlio di Raul de la Mota (una leggenda in terra argentina) che lo porterà fino al podere Fracción 16.

 

È così che si creò la magia, le vigne del ’29 e la splendida vista fino alle nevi della Cordigliera lo fecero innamorare. Il resto è storia: un prodotto eccellente che forte della tradizione passata da una generazione all’altra s’impreziosisce attraverso il principio unico e generale che lega il vino alla vigna, un grande vino a un meraviglioso vigneto.

 

La scrupolosa gestione degli impianti porta ogni vendemmia a essere un unicum tanto da imporre allo staff tecnico della cantina l’esigenza di assemblare le diverse varietà ogni anno in modo diverso. Sono cinque i vitigni che “cromosomicamente” danno identità a questo vino straordinario. Il Malbec in primis, presenza dominante e caratterizzante, seguita da Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot e Petit Verdot (lo stesso di Château Margaux).

 

Lorenzo, con chiare inflessioni francese e spagnola, ci spiega anche la bellezza e l’unicità del territorio delle due vigne di produzione, Las Compuertas e La Consulta.

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La prima è una vigna di origine alluvionale, quindi sabbia con argilla e calcare, che gode di una importante escursione termica e di un clima fresco con pochissime piogge. Queste caratteristiche consentono la produzione di uve di straordinaria qualità con un bagaglio tannico di elevata eleganza.

 

La seconda, invece, a sud del distretto di Mendoza, forte dei suoi 1.100 metri di altitudine, è fondamentale per gli aromi e gli estratti del Malbec, vista l’elevata escursione termica. Inoltre, il clima asciutto e le tante varianti ambientali di questa meravigliosa terra, spingono il team tecnico ad affrontare l’assemblaggio con arte, passione e impegno.

 

Ogni vigna è vendemmiata separatamente e, sempre separatamente, ogni vino è invecchiato fino all’assemblaggio. Il percorso di affinamento avviene in parte in botti nuove e, in parte, in botti usate per circa 12 mesi. Legno che per Cheval des Antes vuole essere un segno distintivo e caratterizzante, che mantiene vive le tradizioni, ma con lo sguardo attento all’evoluzione del gusto.

 

Ed è proprio in questa fase che l’assemblaggio, come una specie di segreta alchimia, attraverso numerosi assaggi e impercettibili aggiustamenti, porta al prodotto finale. Le percentuali di Malbec e Cabernet Sauvignon variano ogni anno, come varia la percentuale, minima, di Petit Verdot e degli altri due vitigni. La missione è sempre la medesima, portare in bottiglia il miglior prodotto possibile capace di ricordare la Francia e di dar lustro all’Argentina attraverso un’indiscutibile eleganza e uno straordinario potenziale d’invecchiamento.

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A testimonianza di tutto ecco le tre annate in degustazione che Lorenzo ci descrive con attenzione e partecipazione. Il 2011, ultimo di un primo percorso aziendale, è il più francese. L’annata ci parla di un vino importante e di gran classe, di notevole struttura ma mai eccessivamente: piacevole e morbido, un vino obiettivamente pronto. Il 2012 risulta meno incisivo, risponde all’eleganza e alla piacevolezza del 2011 ma con minore “verve”. Grande vino anch’esso, ma non raggiunge il fascino del 2011. Infine il 2013. Sicuramente giovane, ma anche pronto. Ma soprattutto elegante, raffinato, con struttura e morbidezza in assoluto equilibrio. Poi acidità, mai eccessiva, e corpo. C’è piglio e c’è dolcezza. Sorprendente per un annata difficile.

Ma ai piedi delle Ande tutto è possibile…

 

 

Annotazioni a margine

 

Ai piedi della cordigliera delle Ande, vigneti arrivano fino ad oltre 2000 metri slm, qui nascono vini bianchi e rossi tra i migliori del mondo in assoluto. Ricordo questa azienda visitata alcuni anni addietro :

https://www.winetaste.it/nasce-in-cile-un-vino-coi-fiocchi/