Home Comunicati Stampa Etichettatura: salvi gli undici vitigni “distintivi”. E per gli altri….

Etichettatura: salvi gli undici vitigni “distintivi”. E per gli altri….

GLI 11 ALFIERI DEI VITIGNI “DISTINTIVI” DELLE DO

Nome della Dop o Igp Nome della varietà o suoi sinonimi

1 Romagna Albana Albana

2 Bianchello del Metauro Bianchello (sinonimo di Biancame)

3 Cannonau di Sardegna Cannonau, Cannonao

4 Girò di Cagliari Girò

5 Nasco di Cagliari Nasco

6 Nuragus di Cagliari Nuragus

7 Sardegna Semidano Semidano

8 Erbaluce di Caluso Erbaluce

9 Ormeasco di Pornassio / Pornassio Ormeasco (sinonimo di Dolcetto)

10 Ruchè di Castagnole Monferrato Ruchè

11 Montefalco Sagrantino / Sagrantino di Montefalco Sagrantino

 

 

Dopo un lungo confronto tecnico-normativo, trapela dalle stanze del Mipaaf la nuova bozza del Decreto sull’etichettatura, che reintroduce l’esclusività sull’utilizzo degli undici vitigni “distintivi” delle relative denominazioni. Si salva un patrimonio storico-produttivo grazie a un bel lavoro di squadra della filiera che ha visto in prima fila l’Unione Italiana Vini. “Un risultato importante per il vino italiano”, commenta Paolo Castelletti. E si riapre il dibattito su vitigni e territori, tra valorizzazione della biodiversità, caratterizzazione dei vini e tutela dell’origine

 

Vitigno, origine geografica ed etichetta sono la terna di elementi sui quali si gioca la partita della identità di gran parte dei vini italiani, una partita fondamentale per il settore perché tocca direttamente la caratterizzazione delle nostre produzioni e, quindi, il loro destino commerciale. Se la diffusione geografica dei vitigni, così come di ogni coltura arborea, può essere condizionato solo da limiti fisici, pedo-climatici o culturali, non certo giuridici, e se, per altro verso, la tutela normativa dell’identità dei vini, per una scelta ormai consolidata dell’unione europea, è oggi legata esclusivamente all’origine geografica del prodotto, è altrettanto indubbio che alcuni vitigni – e ne esistono molti soprattutto in Italia – hanno ancora una forte caratterizzazione territoriale.

Il legame di questi vitigni con altrettanti territori, sia esso dovuto a una più o meno accertata storia genetica o a un felice adattamento pedo-climatico legato alla pressione selettiva operata dall’uomo, è indubbio che rimane, in molti casi di successo, un elemento determinate della caratterizzazione organolettica ma anche commerciale (quindi competitiva) del vino e, pertanto, un patrimonio valoriale da difendere.

Tema complesso, sul quale la filiera del mondo vinicolo italiano si confronta da tempo, combattuta tra la necessità di norme flessibili sulla produzione per favorire ricerca e innovazione continua, elementi indispensabili per affrontare mercati globali sempre più competitivi e, da altra parte,la consapevolezza dell’importanza di valorizzare l’estrema ricchezza della nostra biodiversità (altro fattore competitivo su scala globale), con tanti vitigni che possono rappresentare anche un timbro identitario di vini e territori.

L’occasione per affrontare sulle pagine del nostro giornale questo argomento – se volete spinoso ma altrettanto importante nel disegno futuro del vino italiano – ci è stata offerta delle vicissitudini normative delle undici denominazioni per le quali era previsto, fino a ieri, il diritto esclusivo di citare il vitigno in etichetta e che rischiavano di perdere questa “riserva”. Una vicenda che si trascina da molto tempo e sulla quale da diversi mesi si è concentrata un forte azione sinergica di tutta la filiera – con in prima fila l’Unione Italiana Vini – e che proprio mentre stiamo scrivendo sembra essere orientata a risolversi con un lieto fine.

Una storia che vi racconteremo attraverso le testimonianze dirette dei produttori, ma che potrebbe essere paradigmatica anche per affrontare il tema più ampio degli altri vitigni – che potremmo sommariamente definire identitari – di cui torneremo a parlarne in futuro. Gli 11 alfieri dei vitigni “distintivi” delle denominazioni Tirano un sospiro di sollievo, per quanto non ancora definitivo, le undici denominazioni nate con il diritto esclusivo di citare il vitigno in etichetta (vedi tabella in alto), una tutela grazie alla quale queste Do sono cresciute e si sono affermate, ma che ha rischiato di infrangersi sull’ultimo regolamento europeo, forse anche perché frutto di un lavoro poco organico, come vedremo.

Ad essere caduto sotto la scure europea era stato il termine “distintivo”, relativo appunto ai vitigni intesi come parte delle denominazioni stesse, sul quale era basato il fondamento giuridico della tutela. Una impasse normativa che rischiava di cancellare questa riserva esclusiva, verso la quale la filiera vitivinicola italiana si è mossa nei confronti del Ministero delle Politiche agricole, presentando in opposizione un proprio parere, suggerito dall’ufficio giuridico di UIV. “Come è noto, questi particolari nomi di varietà – si legge nel parere della filiera presentato al Ministero – sono caratterizzati da un’accentuata distintività per via del loro forte legame con il territorio e, conseguentemente, con le denominazioni di origine cui sono tradizionalmente associati; non ultima ragione, sono spesso stati valorizzati dall’azione di produttori di una determinata area, rafforzando ancor più il legame territoriale”.

Una valutazione che il Ministero delle Politiche agricole – pur se chiamato ad adeguarsi alla legislazione comunitaria – ha accolto (a quanto apprendiamo mentre scriviamo queste righe) reintroducendo la protezione e il diritto all’esclusività, almeno a livello nazionale, non potendo agire a livello comunitario, nella bozza di Decreto applicativo della Legge 283/206 su etichettatura e presentazione vini. Nello specifico si ribadisce come i vitigni che costituiscono anche parzialmente il nome di una Denominazione di origine protetta italiana, il cui uso rientra nella tradizione già normata……

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( Fonte Corriere Vinicolo )