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I Simposio mondo BIO e Benessere a Le Carline. Approfondimenti

Agricoltura: convenzionale integrata, naturale, biodinamica e biologica


I vini convenzionali
La viticoltura convenzionale è la più diffusa al mondo con un impatto ambientale significativo.
Vengono utilizzati fertilizzanti e agrofarmaci chimici e di sintesi. La viticoltura integrata è normata da disciplinari regionali che regolano quantità e tipologie di concimazioni chimiche da apportare al terreno e i prodotti da utilizzare per i trattamenti fungicidi e insetticidi da effettuare seguendo un calendario prefissato.

I vini naturali
Le aziende che seguono questa scuola di pensiero sono circa 300 in Italia, raggruppate in 3 diverse Associazioni. I produttori che si dichiarano “naturali” limitano nelle loro vigne l’utilizzo di prodotti chimici di sintesi, riducendo l’impatto della chimica e della lavorazione meccanica sul suolo.

In cantina tutto si svolge naturalmente: fermentazioni spontanee con lieviti indigeni (no ai lieviti selezionati); esclusione dell’acciaio in favore del legno per i contenitori per la fermentazione e l’affinamento; lunghe macerazioni sulle bucce anche per i bianchi; nessuna chiarifica né filtrazione; vinificazione ed imbottigliamento con dosi minime di SO2, “zero solforosa” per i più integralisti i quali non accettano inoltre il controllo delle temperature, che alcuni continuano invece a ritenere opportuno. Il tutto si svolge senza disciplinari regolamentati da normative europee, ed è per questo che non è possibile apporre in etichetta la dicitura “naturale”.

 

La biodinamica
La biodinamica è un “sistema agricolo” sviluppato dal filosofo austriaco Rudolf Steiner all’inizio del XX secolo ed affronta aspetti di natura filosofica. Il più rappresentativo è dato senz’altro dal “calendario” da seguire nelle coltivazioni, che rispetta i campi magnetici della terra ed i ritmi del sole, luna, pianeti e stelle. L’obiettivo del produttore biodinamico è quello di armonizzare e mettere in equilibrio l’ambiente in cui vive la pianta. Per curare e “dinamizzare” (=infondere vitalità) i terreni, vengono utilizzati dei composti organici, e spesso, per spiegare il significato di questi particolari “preparati” si ricorre all’efficace paragone con l’omeopatia. Non c’è un riferimento normativo univoco ma alcune associazioni ed enti hanno formulato delle regole. L’associazione Demeter ha un suo disciplinare sulla vinificazione, non riconosciuto però come certificazione, che comprende le pratiche e le sostanze ammesse nella vinificazione.

 

Il vino biologico

Il biologico è la tecnica agronomica certificata più diffusa in Italia con circa 50 mila ettari. Le aziende vitivinicole biologiche certificate in Italia sono oggi circa un migliaio, , di cui quasi 2.000 ettari localizzati in Veneto. Produrre vino biologico vuol dire scegliere zone vocate, cultivar adatte, non forzare troppo le piante in vigneto, uva sanissima, perfettamente matura, cernita dei grappoli prima della spremitura, vinificazioni naturali con l’utilizzo di una tecnologia moderna rispettosa della tipicità varietale. Da un punto di vista normativo il vino biologico ha dovuto attendere oltre vent’anni, dopo la prima legge europea sull’agricoltura biologica (2092/91), perché si giungesse a un regolamento europeo che normasse anche la trasformazione dell’uva biologica in Vino Biologico. E’ stato infatti pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il Regolamento di Esecuzione (UE) N. 203/2012 della Commissione dell’8 marzo 2012 che modifica il Regolamento (CE) n. 889/2008 recante modalità di applicazione del Regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio, sulle modalità di applicazione relative al vino biologico. La normativa stabilisce le norme specifiche per quanto concerne la produzione biologica di prodotti del settore vitivinicolo, definendo l’utilizzo di prodotti e sostanze e delineando le pratiche enologiche consentite. La nuova normativa consente quindi di riportare in etichetta la definizione “vino biologico” e il logo europeo. Prima di questa legge esistevano infatti solo vini ottenuti da uve coltivate secondo il protocollo di Agricoltura Biologica, senza l’aiuto di sostanze chimiche di sintesi (concimi, diserbanti, anticrittogamici, insetticidi, pesticidi in genere) e senza l’impiego di organismi geneticamente modificati. Il produttore biologico deve attenersi ad un disciplinare che regolamenta prodotti utilizzabili e tecniche da adottare, oltre che sottostare a dei controlli ispettivi e analisi obbligatorie sui prodotti finiti, per ottenere la certificazione da parte di un organismo di controllo autorizzato (in Italia sono oltre una quindicina), come ad esempio ICEA.
In conclusione i vini biologici sono, di fatto, l’unica categoria istituzionale, inequivocabilmente identificata grazie ad una legislazione precisa al riguardo.

 

Vini naturali, biologici e biodinamici: luci e “ombre”

 

Il mondo del vino è entrato a pieno titolo tra gli argomenti principali delle nostre discussioni. Fino a qualche decennio fa, in Italia, la preoccupazione maggiore era quella di scegliere tra un vino bianco e uno rosso, o al più con o senza bollicine. Oggi invece le cose sono notevolmente cambiate. Siamo passati da un vino-alimento a un vino-cultura. Questo è stato reso possibile grazie ad una critica enogastronomica sempre più attenta ed esigente e grazie alla necessità di dover comunicare i vari territori in maniera più organica e professionale.

Il risultato è stato un notevole innalzamento del livello qualitativo del vino italiano e un conseguente aumento del livello culturale del consumatore. Sono diminuiti i consumi pro capite a favore di una domanda qualitativa migliore e sono aumentate le aziende vitivinicole con

bottiglie etichettate.

Insomma, il panorama vitivinicolo italiano ha cambiato volto avvicinandosi di molto al modello francese. Oggi ci troviamo di fronte ad un nuovo Risorgimento del vino, un momento di transizione notevole dove si mettono in moto dinamiche commerciali internazionali che fino a oggi non erano state considerate.

I passi importanti sono già stati fatti, ora però è il momento della consapevolezza e della presa di coscienza del vero significato del prodotto vino. In questo mare magnum regna sovrana la confusione e gli attori di questo mondo si trovano nella necessità di improvvisare rincorrendo un mercato che cambia spesso direzione.

 

OCCORRE CHIAREZZA

Sovente la comunicazione del vino è sfalsata e contiene in sè una dose di falsità eccessiva che non aiuta certo il consumatore a orientarsi. Sarebbe interessante poter fare chiarezza, ma attualmente le normative non ci aiutano, compreso il nuovo decreto di secuzione (UE), e così dobbiamo basarci solo sull’esperienza personale e sull’osservazione.

Quando si chiede di definire il vino naturale la cosa più istintiva è quella di dire che nessun vino è naturale perchè non è un prodotto che si trova in natura ma che si ottiene grazie all’intervento dell’uomo. Quindi in linea di principio, semplificando, il vino null’altro è che la risultante della fermentazione del mosto, pulito e reso presentabile e bevibile.

Se fosse solo così tutto sarebbe facile.

Purtroppo la realtà è ben più complessa. Per avere un’idea abbastanza chiara è necessario mettersi nei panni del produttore per capire come immagini il destino del suo vino. Se il suo obiettivo è quello di ottenere un prodotto che possa essere venduto tranquillamente in qualsiasi parte del mondo con il minor rischio possibile, allora il produttore, l’enologo, o chi per esso, sceglierà di intervenire affinché il vino risponda a queste esigenze. Se, diversamente, il produttore ha come obbiettivo l’idea di ottenere un prodotto che sia espressione del suo terreno e della vite da cui proviene, agirà in maniera diversa. Queste due situazioni possono in qualche modo anche coincidere. Poi ci sono produttori che non si pongono nemmeno molti interrogativi e producono il vino perché sono custodi di una terra dove la vite viene allevata da anni e rispondono a quel dovere che gli è stato trasmesso dalle generazioni precedenti.

 

TIPOLGIE DIVERSE DI VINI

Troveremo i vini convenzionali da un lato e l’universo dei cosiddetti vini naturali dall’altro, quest’ultimo suddiviso in vini biologici, vini biodinamici o vini naturali propriamente detti. A questo punto la confusione aumenta e le risposte diminuiscono. La definizione di vino biologico da un punto di vista normativo è storia recentissima. E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea serie L 71 del 9 marzo 2012.

il Regolamento di Esecuzione (UE) N. 203/2012 della Commissione dell’8 marzo 2012 che modifica il Regolamento (CE) n. 889/2008 recante modalità di applicazione del Regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio in ordine alle modalità di applicazione relative al vino biologico.

La normativa stabilisce le norme specifiche per quanto concerne la produzione biologica di prodotti del settore vitivinicolo, definendo l’utilizzo di prodotti e sostanze e delineando le pratiche enologiche consentite.

La nuova normativa consentirà quindi di riportare in etichetta la definizione “vino biologico”. Prima di questa legge esistevano infatti solo vini ottenuti da uve coltivate secondo il protocollo biologico oppure vini ottenuti da uve di coltivazione biodinamica oppure ancora vini prodotti da uve in maniera naturale.

• Nel caso del biologico il produttore deve aderire a dei controlli di certificazione che garantiscano che non vengano usati in campagna prodotti chimici o di sintesi.

Poi però la pratica enologica è abbastanza libera e consente l’uso dei lieviti selezionati e delle filtrazioni.

• La biodinamica contiene un aspetto più ampio e filosofico. Il produttore cerca di armonizzare nel proprio podere tutti gli elementi che ad esso appartengono, distinguendo la materia tra lo stato minerale, lo stato acquoso, lo stato gassoso (che manifesta la luce) e lo stato del calore. Il produttore biodinamico tende a mettere in equilibrio la realtà in cui vive in modo che la pianta possa dare il meglio di se stessa in relazione al suo ambiente.

A questo punto l’utilizzo o meno della chimica e dei prodotti di sintesi è conseguente. La pianta stessa in condizioni di equilibrio non necessita di trattamenti.

È evidente che la stessa pianta deve trovarsi in una zona vocata per la coltivazione della vigna. Se fosse piantata in zone in cui per secoli è stato allevato mais o frumento, in una terra ricca e in un ambiente troppo umido, tutto cadrebbe. Il produttore biodinamico utilizza per ’attivazione del proprio terreno dei composti organici ottenuti dal cornoletame.

Il cornoletame è stato ideato da Rudolf Steiner, sulle cui teorie si basa l’agricoltura biodinamica, e stimola e armonizza i processi di formazione dell’humus del suolo. Il letame posto internamente a corna di bue che vengono interrate durante la stagione invernale è trasformato in humus inodore e scuro. Tale prodotto viene poi diluito e spruzzato nella vigna. In definitiva chi sceglie il biodinamico ha un rapporto molto intimo con l’ambiente in cui vive e lo vuole preservare salvaguardando non solo l’aspetto esteriore ma tutta la sua biodiversità, compreso il consorzio batteriologico che ad esso appartiene.

In cantina le operazioni sono di assoluto rispetto della materia prima, cercando di intervenire il meno possibile e accompagnando quindi il mosto a trasformarsi in vino nel proprio ambiente di appartenenza senza usare lieviti selezionati, ma affidandosi alle fermentazioni spontanee.

• Il produttore di vino naturale si pone in mezzo a queste due tipologie e produce il vino rispettando il territorio ed evitando l’utilizzo della chimica sia in vigna che in cantina. In alcuni casi il produttore si definisce naturale per non prendere posizioni precise e quindi per riuscire ad avere un comportamento libero di utilizzare o meno i prodotti chimici a seconda della situazione. In altri casi il produttore naturale è molto esigente con se stesso e si sottopone a una disciplina molto rigida.

La provincia di Vicenza vanta una delle associazioni più in vista a livello europeo in termini di divulgazione e formazione dei vini naturali, VINNATUR, presieduta da Angiolino Maule di Gambellara. L’associazione, oltre a organizzare un evento in concomitanza del Vinitaly dove tutti gli associati si presentano ai consumatori con i proprio vini, investe le proprie risorse garantendo il rispetto del consumatore finale. Si legge nel manifesto dell’associazione che vengono effettuate ogni anno le analisi agli associati per determinare la presenza o meno nei vini di pesticidi o fitofarmaci usati. In caso di positività l’associato viene allontanato. Oltre a ciò l’associazione si occupa di ricerca sulle tecniche di vinificazione, confrontandosi con il mondo accademico.

 

L’ETICHETTA DI UN VINO DEVE DARE INFORMAZIONI ESAUSTIVE

Abbiamo individuato quindi tre tipologie di produttori con approccio naturale che rispondono ad esigenze diverse. Ma perché è necessario questo? Perché il vino non è quello che appare e perché le normative non aiutano il consumatore a sapere veramente il contenuto del vino. La retroetichetta riporta solo pochi elementi come il contenuto volumetrico dell’alcol e la presenza o meno dei solfiti. Fossero i solfiti i problemi del vino…

Se, semplificando, crediamo che, a seguito della fermentazione, il vino ottenuto possa considerarsi un alimento costituito soprattutto di acqua, alcol, sali minerali, acidi, sostanze che determinano i profumi, glicerina, alcune vitamine, nella realtà le cose sono molto diverse.

Il vino subisce trattamenti termici, centrifugazioni e filtrazioni, vengono utilizzati lieviti selezionati per la vinificazione, vengono applicati elementi come il fosfato di ammonio bibasico per consentire lo sviluppo dei lieviti, viene aggiunta l’anidride solforosa come antisettico. Vengono utilizzati chiarificanti come la gelatina alimentare, la colla di pesce, la caseina, l’ovalbulmina, la bentonite, il diossido di silicio, il sorbato di potassio. Ancora, si usano le acidificazioni; nel caso il vino risulti poco fresco si aggiunge acido tartarico o acido citrico o, all’opposto, se il vino che risulta è troppo acido ci sono prodotti de-acidificanti come il tartrato neutro di potassio e il bicarbonato di potassio. Si possono poi aggiungere i tannini liquidi, la gomma arabica per le concentrazioni… insomma, le operazioni sono innumerevoli e, sia chiaro, tutte lecite.

Il punto è che pochi le sanno e forse sarebbe anche il caso di informare il consumatore di cosa sta bevendo. Il produttore convenzionale quindi agisce nel modo più sicuro possibile per evitare di avere meno complicazioni possibili che si tradurrebbero in più costi.

 

LA SCELTA SPETTA AL CONSUMATORE INFORMATO

L’errore che spesso viene commesso è quello di mettere in competizione un vino piuttosto che l’altro. La vita è fatta di scelte, ed è giusto che ciascun consumatore possa operare in assoluta libertà le proprie sulla base del proprio percorso, ma è necessario che sia informato fino in fondo sulla natura di ciò che trova nel suo bicchiere.


( Fonte Azienda Le Carline )

 

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Giudice degustatore ai Concorsi Enologici Mondiali più prestigiosi tra i quali:

» Il Concours Mondial de Bruxelles che ad oggi ha raggiunto un numero di campioni esaminati di circa n. 9.080, dove partecipo da 13 edizioni ( da 9 in qualità di Presidente );

>>Commissario al Berliner Wine Trophy di Berlino

>>Presidente di Giuria al Concorso Excellence Awards di Bucarest

>>Giudice accreditato al Shanghai International Wine Challenge

ed ai maggiori concorsi italiani.