Home Arrabbiature Settant’anni di pesticidi: una pesante eredità per i nostri figli… è arrivato...

Settant’anni di pesticidi: una pesante eredità per i nostri figli… è arrivato il momento di bandirli

Sono passati 56 anni da quando la grande sensibilità della biologa Rachel Carson lanciò nel 1962 il primo grido d’allarme contro l’uso dei pesticidi sintetici a livello planetario, con la pubblicazione di Primavera Silenziosa, opera purtroppo sempre più attuale, di cui consiglio vivamente la lettura.

 

 

Nello stesso tempo David Pimentel, pioniere dell’Econologia (Econo-mia-Ecologica) alla Cornell University, raccoglieva e nel tempo pubblicava numerosi dati scientifici sui danni ecologici, sanitari, biologici e climatici dell’agricoltura industriale, basata su biocidi che si accumulano nelle catene alimentari ai cui vertici si colloca l’Homo sapiens.

Egli stimò gli enormi costi socioeconomici dovuti non solo alle spese sanitarie per intossicazioni acute e malattie cronico de-generative e autoimmuni correlate, ma anche alla perdita di biodiversità negli agroecosistemi (insetti utili, predatori, api) e alla selezione di “avversità resistenti” a centinaia di sostanze sintetiche, con conseguente incremento progressivo dei danni alle produzioni, conservazioni e distribuzioni agroalimentari, spesso causati da nuove “avversità acquisite”.

 

Ne è seguito un sempre maggior uso di pesticidi, in “agrosistemi drogati” e semplificati che hanno alterato il paesaggio e l’equilibrio biologico dei terreni, riducendone la fertilità (humus), con aumento drammatico dei gas serra, del disse-sto idrogeologico, alterazioni del valore nutritivo degli alimenti, squilibri nel microbiota intestinale e nel sistema ormonale e metabolico degli esseri viventi.

 

L’abuso di pesticidi, ancor troppo spesso inconsapevole, sostenuto da una fitta rete di consorzi agrari, negozi e rappresentanti delle industrie agrofarmaceutiche, interessa “innaturalmente” anche l’ambito urbano e domestico, laddove giu-ridicamente queste sostanze rappresentano “con-cause aggravanti di pericolo per la salute ambienta-le degli esseri umani” già sottoposti al forte inquinamento delle città.

 

Per lo sterminio, mai riuscito, d’insetti molesti (zanzare, mosche, scarafaggi, formiche), erbe infestanti lungo le strade, parchi e giardini familiari, patogeni e fitofagi di frutteti e orti (insetti, acari, lumache, roditori). Coinvolgendo, inevitabilmente, i servizi pubblici di disinfestazione e gli enti addetti alla cura dei giardini pubblici e degli Orti botanici che solo di recente hanno cominciato ad avviare una riconversione biologica.

 

Possiamo stimare che l’impiego mondiale globale di pesticidi si sia moltiplicato di almeno 25-30 volte dagli anni Sessanta del secolo scorso (le terre coltivate nello stesso periodo sono cresciute solo del 12%, come indicato dalla FAO), superando i 5 milioni di tonnellate (poco meno di 1 kg per essere umano) con danni irreversibili, dapprima evidenti per le esposizioni professionali, ma che oggi riguardano tutta la popolazione umana per la presenza ubiquitaria di residui chimici nell’aria, acqua, suolo, cibi, sangue, fin nel latte materno e nel liquido seminale, con perdita drammatica di fertilità ed effetti negativi “teratogeni” sulla pro-genie per generazioni (www.ecofoodfertility.it)(v. capitolo di Patrizia Gentilini pag 19).

 

In questo disastro planetario che rischia di togliere il futuro ai nostri figli, l’Italia è diventata il primo consumatore europeo con ca. 170.000 tonnellate di pesticidi, corrispondenti al 40% del consumo totale UE (50% degli insetticidi). E con circa 3 kg per abitante è tra i primi al mondo, con Giappone e India, per intensità rispetto alle superfici, dato correlabile al triste record mondiale dei tumori infantili stabilito recentemente dal nostro paese (dati OMS) che, oltretutto, ha una delle maggiori perdite d’aspettativa di vita media sanain Europa, con circa 8 anni negli ultimi due de-cenni (Eurostat).

 

Finalmente, però, qualcosa oggi sta cambiando, per la consapevolezza e sensibilità dei consumatori che richiedono fortemente prodotti biologici e norme rigorose di tutela ambientale e sempre più si rivolgono ai tribunali competenti, ritrovandosi spesso vittime di derive chimiche dai campi coltivati o di patologie ambientali, allergie, intolleranze e Sensibilità Chimiche Multiple collegabili ai pesticidi.

 

Recentissima è la sentenza del Giudice di San Francisco che ha condannato Bayer-Mon-santo a risarcire 200 milioni di $ a un giardiniere malato di cancro per uso di Glifosate. Allo stesso tempo, sessanta cittadini francesi hanno chiesto i danni alla stessa compagnia per essersi ritrovati nel sangue livelli elevati di questo erbicida totale, pubblicizzato in modo ingannevole come biodegradabile, mentre rappresenta la so-stanza chimica più diffusa nelle acque e negli alimenti, in Italia (dati ISPRA) e nel resto del mondo.

 

Molto importante (anno 2014, Tribunale di Pistoia) è stata la prima sentenza italiana che stabilisce che non ci debbano essere derive chimiche verso i confinanti. Che, nel caso in oggetto, avevano denunciato un viticoltore per i residui di pesticidi pericolosi ritrovati nella loro abitazione, nel giardino e nell’orto. Tale precedente giuridico, impone agli agricoltori e a chiunque usi sostanze pericolose, il rispetto di fasce di sicurezza (che da studi pubblicati dovrebbero essere di almeno 300 metri, in assenza di vento).

 

Laddove si possano usare solo tecniche biologiche, al fine di evitare qualsiasi deriva pericolosa verso privati, luoghi pubblici, strade, pozzi e aziende biologiche, prevalendo nei rapporti di vicinato il Diritto a un ambiente nient’affatto inquinato. Le produzioni biologiche dovrebbero pertanto presentare “residuo zero”, salvo livelli infinitesimi da inquinamento eventuale delle acque d’irrigazione e/o atmosferico di fondo.

 

Non certo la presenza di “residui chimici da deriva” oggi tollerati a un livello troppo alto dalla normativa europea e nazionale sulle produzioni biologiche, che garantisce il processo di coltivazione ma non il prodotto, con rischi di frodi e prodotti “bio-certificati” falsi, spesso riscontrati e perseguiti dalle forze dell’ordine.Negli ambiti urbani e stradali è ovviamente impossi-bile evitare derive pericolose, laddove ancor oggi s’irrorano inutili insetticidi per le disinfestazioni, senza tener conto delle alternative disponibili (Principio di Comparazione o comparative assessment), laddove il controllo biologico risulta più efficace, ad esempio verso le larve di zanzare (con Bacillus thuringiensis, va r. israeliensis o sphaerichus) o delle mosche con insetti parassitoidi e predatori.

 

Né, tantomeno, si possono imporre “tempi di rientro”, come avviene per i campi coltivati, alla popolazione che ogni giorno frequenta strade pubbliche, case e giardini irrorati con pesticidi, per cui è necessario comprendere che nelle aree urbane i pesticidi sono di diritto vietati e bisognerebbe istituire e formare servizi urbani agroecologici. Recentemente, per fortuna, almeno l’impiego del pericoloso Glifosate è stato vietato negli ambiti extra-agricoli, anche se, a dire il vero, l’Ordinanza Ministeriale l’ha bandito in “tutti gli ambiti frequentati dalla popolazione”… agricoltori inclusi ovviamente, essendo parte del popolo italiano.

 

Come si può continuare a vendere e usare in Italia questo ‘disseccante arancio’ in deroga alla sua accertata pericolosità, essendo inoltre classificato come “cancerogeno probabile” dallo IARC di Lione, l’Istituto che emette i pareri scientifici ufficiali per l’OMS? E a nulla vale il parere contrario dell’EFSA (Ente europeo per la sicurezza alimentare), basato spesso su dati forniti dalle ditte produttrici, secondo cui il Glifosate non sarebbe cancerogeno. Affer-mazione che ha permesso alla “Commistione”Euro-pea di prorogarne per cinque anni le drammatiche irrorazioni, mentre il Principio di Precauzione impone che “di fronte a pareri scientifici discordi si tenga conto di quello a maggiore cautela”.

 

Senza dimenticare che l’Europa può stabilire solo il livello minimo di tutela della salute ambientale e gli Stati membri possono in ogni caso applicare una cautela superiore, bandendo le sostanze pericolose e imponendo nel tempo tali miglioramenti su tutto il territorio europeo, sulla base del Principio di Sussidiarietà.

 

Come han fatto diversi paesi tra cui, in questi giorni, la Francia che ha vietato molti “super-insetticidi” che hanno sterminato la biodiversità, in particolare le api. Non dimenticando le coltivazioni di OGM, in Italia bandite dalla Corte Costituzionale su ricorso della Regione Marche e in seguito direttamente dal Governo con un Decreto, nonostante siano state autorizzate dall’UE.

 

È bene ricordare però lo scandaloso Reg. UE 834/2007 sull’agricoltura biologica che, in premessa, stabilisce l’incompatibilità degli OGM con la produzione biologica, ma poi ne consente la contaminazione fino a 9 grammi per kg d’ingrediente, con soglie di cosiddetta tolleranza per “contaminazioni definite inevitabili” (in realtà favorite proprio dalle tolleran-ze), oltretutto senza indicazioni nelle etichette, in violazione del diritto dei consumatori alla corretta informazione.

 

Molti produttori agroalimentari Liberi da OGM, non solo biologici, hanno da quel momento iniziato a indicarlo nelle etichette, grazie anche alla sentenza “Paluani” laddove il Giudice stabilì il diritto della ditta a dichiarare l’assenza di OGM nei prodotti (etichette positive) a garanzia dei consuma-tori. Gli OGM (modificati attraverso inserimento di geni estranei alla specie – transgenici – o per mezzo di modificazioni indotte con radiazioni, sostanze chi-miche ecc.) rappresentano un azzardo pericolosissimo, ben denunciato all’opinione pubblica da Arpad Pusztai, il grande genetista ungherese e da Pietro Perrino, Direttore di ricerca del CNR responsabile per decenni dell’Istituto del Germoplasma di Bari insieme con molti scienziati che hanno studiato le conseguenze agroecologiche e sanitarie, i pericoli e il fallimento tecnico, tra cui Caius Rommens che ha lavorato per molto tempo alla Monsanto.

( Fonte Giuseppe Altieri )