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Le indigestioni di incoerenza

 


 


 


E primato da Guinness, nel borgo antico della piazza civettuola di un paese abbarbicato agli Appennini che lambisce il nastro della tangenziale tra Lagonegro e Lauria.


E cenone di Natale.


 


La tavola si estende per tre o quattromila metri lineari, forse un tantino in meno, ma comunque tali da mettere uno accanto allaltro tutti i militari italiani in missione in Kosovo, Afghanistan e affini che invece son là, esposti alla furia di commando talebani e alla rabbia furiosa che vendica i massacri di innocenti vittime dellaggressione subita dagli invasori russi e americani. Dalle mie parti cè più modestamente, si fa per dire, un tavolo da cui trabocca il cosiddetto ben di Dio, sparso sul tavolo che al di sotto della tovaglia buona, ricamata chissà da quali femmine slave per pochi denari, nasconde il biliardo di casa, da snooker, su cui poggiano grandi assi di abete.


 


Offre antipasti: datteri freschi spaccati in due che racchiudono tenera robiola su cui poggia una noce divisa a metà; rotolini di pancarré farciti con tonno sbriciolato e amalgamato con burro casalingo; tranche di pizza rustica ripiena di verdure cotte, bocconcini di mozzarella di bufala su un letto di rucola, prosciutto di Parma, salame  napoletano  e milanese, soprassata della Basilicata, crostini al salmone, taralli alle mandorle, noccioline americane, prosecco del Veneto, alici marinate, ulive verdi e anconetane. Basta così. O meglio, ecco solo per titoli il seguito: primi, secondi, contorni, frutta fresca e secca, vino aglianico senza limiti di gradazione alcolica e quantità, struffoli, cassata, gelato semifreddo, vino passito e spumante, panettone, caffè e amari.


 


La memoria di questo menù da crapuloni ingoiato nella serata del 24 dicembre, diventa insopportabile e sadica punizione se sovrapposta alla nausea da cibo che domina il 25 dicembre e lultima abbuffata rituale di Santo Stefano. Cè di strano e francamente indecente, che durante questi incontri conviviali, forse per il buon vino che scorre generosamente, salta fuori il complesso ragionamento sul destino delluomo, su povertà e ricchezza, antipolitica, il lussuoso agghindarsi di Benedetto XIII e la fame del mondo.


 


E Piero il più incazzato di tutti. Fossi brigatista saprei io chi far fuori. Mangiare tutti, mangiare meno. Tra le dita stringe un gamberone, ha la bocca piena di un filetto dorato di spigola e nel piatto sono pronti a finire nelle sue fauci di ex barricadiero alici impanate e fritte, ostriche doc, un quarto di aragosta, eccetera, eccetera. Fu di Potere Operaio. Lo contrasta Giovanni, snello oltre la storica magrezza di Fassino, occhi perduti nel buio del futuro prossimo, in palese stato depressivo. Urla Dio dei cieli, dona ai poveri un briciolo di benessere. 


 


Le ultime sillabe sono incomprensibili. La polpa di unastice gli resta in gola e la successiva mollica di pane si impasta con i bocconi che lhanno preceduta, tappano il viadotto che dalla bocca si innesta nellesofago. Muore di bolo esagerato e di incoerenza, sventolando la bandiera della solidarietà per deboli e oppressi, ma dopo aver mandato giù prelibatezze luculliane. Fu uno dei leader di Avanguardia operaia.


 


( Fonte Napoli.com )

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Giudice degustatore ai Concorsi Enologici Mondiali più prestigiosi tra i quali:

» Il Concours Mondial de Bruxelles che ad oggi ha raggiunto un numero di campioni esaminati di circa n. 9.080, dove partecipo da 13 edizioni ( da 9 in qualità di Presidente );

>>Commissario al Berliner Wine Trophy di Berlino

>>Presidente di Giuria al Concorso Excellence Awards di Bucarest

>>Giudice accreditato al Shanghai International Wine Challenge

ed ai maggiori concorsi italiani.