Erano riusciti a vendere come grossisti il loro finto vino pregiato a molte osterie, enoteche e ristoranti della Toscana fino a quando qualcuno non si è accorto della frode
“Operazione Bacco”, arriva la prima sentenza della suprema corte di Cassazione: confermata l’associazione a delinquere finalizzata alla frode per i falsificatori di vino pregiato toscano. Quattro degli indagati erano finiti in manette e 8 erano stati processati a piede libero, su richiesta della Dda di Firenze che dopo l’informativa dei Nas aveva avviato l’iter giudiziario. Per uno dei capi dell’associazione è arrivato il verdetto definitivo di colpevolezza.
La banda, molto ben organizzata, acquistava vino in cartone di bassa qualità per poi aggiungere zuccheri e alcol, e dopo aver contraffatto anche le etichette avrebbe rivenduto, secondo i giudici, migliaia di bottiglie di vino spacciandolo per pregiato, dal Sassicaia al Brunello di Montalcino, fino al Chianti doc. I vini toscani più pregiati e ricercati in Italia e nel mondo. Erano riusciti a vendere come grossisti il loro finto vino pregiato a molte osterie, enoteche e ristoranti della Toscana fino a quando qualcuno non si è accorto della frode e ha chiamato i carabinieri.
Persone esperte possono essere “fregate” una volta, prima o poi era inevitabile che si accorgessero del trucco, e così è stato. A imbottigliare il vino adulterato era un azienda toscana della zona di Empoli, dove venivano applicate le false etichette e il cui titolare è stato condannato in via definitiva. Nella sentenza della Cassazione, pubblicata nei giorni scorsi è stata ricostruita l’intera vicenda e gli ermellini hanno dichiarato inammissibile il ricorso dell’imputato, A. B. di origini campane ma residente in Toscana da anni, contro la sentenza della corte d’Appello di Firenze dello scorso anno.
Dieci anni fa era partita l’indagine che poi nel 2017 aveva portato agli arresti e infine al processo. Davanti ai giudici si è arrivati anche grazie alle intercettazioni telefoniche e ai servizi di osservazione che avevano portato a perquisizioni e sequestri, fino alla formulazione di una serie di contestazioni, divenute poi capi di imputazione e ora condanne definitive.
Dal quadro accusatorio era emersa l’esistenza di una struttura associativa organizzata, la cui attività consisteva, come detto, nel comprare vino scadente al quale aggiungere alcol e zucchero per far salire la gradazione, imbottigliarlo e metterlo in vendita, in modo che apparisse pregiato grazie alle etichette false. Confermata anche l’associazione a delinquere, emersa da una serie di elementi nei processi di primo e secondo grado. Ad iniziare da una stabile struttura organizzativa e da un vincolo fra gli indagati che permettesse di reperire il vino, correggerlo artificialmente, imbottigliarlo, trasportarlo e stampare false etichette e fascette di vini spacciati come pregiati e con tanto di dicitura ministeriale, Doc e Docg.
Il tutto corredato da vere e proprie basi logistiche, dalla cantina, agli uffici, la cui base era in Toscana ma la banda era riuscita a piazzare il finto vino pregiato anche all’estero. Grossi quantitativi sono stati ritrovati e sequestrati dalla Dda fiorentina addirittura in Costa Rica. Gli imputati erano tutti residenti tra la Toscana e la Campania. Il caso giudiziario si è concluso con il sigillo sulla posizione di vertice della conferma del capo d’imputazione principale: l’associazione a delinquere (416 cp).
Tutto era iniziato con la denuncia di un proprietario di una enoteca di Firenze che aveva chiamato i carabinieri e consegnato le prime due bottiglie di Sassicaia sospette. Sono prodotti troppo importanti per l’economia regionale e chi si occupa di rivendere poi al pubblico vini così pregiati in genere è molto preparato sull’argomento e la truffa sarebbe stata smascherata prima o poi.
( Fonte Corrierefiorentino.corriere.it ) )
ANNOTAZIONI A MARGINE
Ricordo il racconto di alcuni produttori piemontesi, risalente a circa 20 anni fa, quando preso di mira un giornalista, tra i piu’ in vista e famosi, gli giocarono uno scherzetto di questo genere.
Nel retro bottega di un ristorante, travasarono un vino di bassa qualità in una bottiglia famosa di barolo, per poi sottoporla al giudizio dello sfortunato giornalista, il quale si dichiarò, al cospetto di una ventina di produttori langaroli, estasiato da cotanta qualità e tipicità del vino proposto. Credo che ancora oggi, il giornalista in oggetto, non sia a conoscenza del tiro mancino che gli hanno riservato !
Roberto Gatti