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Zucchero nel vino? Nel Nord Europa si può fare, ma l’etichetta non lo dice

Si avvicina la stagione della vendemmia, ma in alcuni Paesi europei è consentito usare il saccarosio per aumentare la gradazione alcolica. All’insaputa dei consumatori

 

 

ROMA – Zucchero contro mostro d’uva concentrato. E’ la battaglia sul vino che si sta conducendo in Europa fra i Paesi del Nord e quelli del Sud, alla vigilia di una vendemmia che in Italia si preannuncia “amara” a causa della troppa pioggia di quest’estate.

 

E a pagarne le spese sono i consumatori, che non sanno cosa bevono. In etichetta, infatti, non c’è scritto se il vino è stato ottenuto con aggiunta di saccarosio o con mosto d’uva concentrato (Mcr), procedimento naturale e molto più costoso. Ora i produttori di mosto sono sul piede di guerra, in quanto l’Ue ha deciso di abolire gli aiuti economici forniti fino al 2012. E così in Europa si è creata una situazione di concorrenza sleale fra paesi come Germania, Gran Bretagna e Francia del Nord – autorizzati a utilizzare il più pratico ed economico zucchero per aumentare la gradazione alcolica – e paesi mediterranei, come Italia e Spagna, Grecia, Portogallo, e distretti della Francia del Sud dove sono ammessi soltanto i mosti concentrati, come già detto molto più cari.

 

Cos’è lo zuccheraggio. Facciamo un passo indietro. E cominciamo dalle definizioni. Lo “zuccheraggio” del vino, detto anche in francese chaptalisation, è un procedimento enologico piuttosto antico (P.-J. Maquer nel proprio Dizionario di Chimica, dato alle stampe nel 1778, già lo esponeva con dovizia di dettagli), mediante il quale si aumenta la gradazione alcolica dei vini con l’aggiunta di saccarosio. Chi lo fa dove è legale (nel Nord Europa come abbiamo visto) non ha l’obbligo di indicarlo in etichetta. Secondo alcuni esperti, dal punto di vista organolettico non cambia molto. Perciò, io consumatore, se compro un vino tedesco, olandese o belga avrò molte probabilità di bere un prodotto arricchito con saccarosio, ma non potrò saperlo leggendo le informazioni sulla bottiglia. E quindi, non sarò veramente libero di scegliere.

 

Nonostante lo zuccheraggio in Italia sia vietato da una precisa norma statale (art.76 del D.P.R. n. 162 del 12 febbraio 1965:), che considera questa pratica al pari di una sofisticazione, di anno in anno l’Ispettorato centrale per la repressione frodi (Icrf) lamenta nelle proprie relazioni tra le irregolarità più frequenti proprio la presenza di zuccheri estranei nei mosti e nei vini controllati.

 

In cambio del divieto di zuccherare, ai viticoltori italiani venne concesso di usare mosti concentrati (rettificati o no), con la benedizione, a partire dal 1982, come spiegato nel documento PAC 2000, delle sovvenzioni europee. A differenza del saccarosio, il mostro concentrato è derivato direttamente dall’uva. Pertanto è superfluo indicarne l’uso in etichetta in quanto rientra nella definizione comunitaria di ‘vino’, approvata anche dall’Oiv (Organizzazione internazionale e della vite e del vino), che recita così: “Il vino è esclusivamente la bevanda risultante dalla fermentazione alcolica totale o parziale dell’uva fresca, pigiata o meno, o del mosto d’uva. Il suo titolo alcolometrico effettivo non può essere inferiore a 8,5% vol.”. Definizione che dunque non contempla l’uso di zucchero.

 

Le leggi europee. Nel 2007 è entrata in vigore la riforma dell’organizzazione del mercato del vino, risultato di un negoziato comunitario lungo e difficile. L’aiuto al mosto concentrato è stato mantenuto fino al 2012, anno in cui è stato abolito, a favore dei paesi del Nord Europa.

 

“Il Parlamento europeo – spiega Paolo De Castro, eurodeputato Pd e presidente della Commissione Agicoltura Ue – si è battuto con tutte le sue forze per la reintroduzione delle sovvenzioni al mosto concentrato, che era di grande aiuto per i viticoltori italiani. La scadenza del sostegno al 31 luglio 2012, come previsto dal Reg. CE n. 1234/07, crea infatti discriminazioni tra i produttori europei. I produttori del Nord Europa potranno continuare ad arricchire con saccarosio (prodotto più economico) mentre ai produttori dell’area mediterranea questo continuerà a non essere consentito”. Come già accennato, dunque, l’arricchimento con i mosti risulta essere più costoso, con possibili ripercussioni sul prezzo del prodotto finale . “In tale contesto – continua De Castro – l’Aula di Strasburgo nel marzo 2013 introdusse nuovamente l’aiuto con l’approvazione dell’articolo 49 bis. Purtroppo però, nella definizione di un equilibrio generale tra le istituzioni europee, il Consiglio e la Commissione facendo gioco di squadra si sono opposti a tale reintroduzione. Da parte nostra – conclude De Castro – siamo pronti a fornire il nostro contributo per ripristinare nuovamente questa importante misura”.

 

La distorsione della concorrenza sul mercato. A cambiare, come già accennato, sono principalmente i costi. Lo zucchero costa un decimo rispetto ai mosti concentrati. Ma l’uso degli zuccheri, saccarosio o Mcr, lascia molte altre perplessità, anche nei riguardi del consumatore che dovrebbe sapere – in quanto da riportare in etichetta – che il vino che sta bevendo è stato ottenuto mediante arricchimento con zuccheri estranei all’uva. E invece, come detto, l’obbligo di indicare in etichetta se si è fatto uso dell’uno o dell’altro metodo non c’è, con buona pace della trasparenza tanto sbandierata dell’Ue. Uno dei paesi che fa maggior uso di zucchero per aumentare la gradazione dei vini è, ad esempio, la Germania dove nei vigneti c’è poco sole, dove la vendemmia avviene in tardo autunno o anche dopo, e l’uva spesso neppure è matura. Senza lo zuccheraggio, si otterrebbero vinelli da 7/8 gradi alcolici che, con una gradazione prossima a quella della birra, non avrebbero nemmeno le caratteristiche per entrare nei mercati.

 

La Coldiretti si è sempre battuta per l’eliminazione della pratica dello zuccheraggio consentita in alcuni stati della Ue. “Con l’eliminazione dell’aiuto ai mosti – afferma Domenico Bosco, responsabile settore vino Coldiretti – che era una misura di compensazione a favore di chi usa mosti concentrati e rettificati che costano di più, la situazione si è oltremodo aggravata in Europa. Infatti adesso non solo c’è una disparità di trattamento tra i produttori delle zone continentali che lo usano e quelli dell’area mediterranea che non lo possono usare, ma in sostanza si sancisce una diversa definizione di vino all’interno dell’Unione. Il vino infatti non in tutti i paesi è il prodotto ottenuto dalla sola fermentazione e trasformazione degli zuccheri contenuti nell’uva. Inoltre, e questa è la cosa più grave, non essendoci l’obbligo di indicazione in etichetta, il consumatore non sa cosa beve. Per non parlare poi di tutte le frodi e sofisticazioni che vengono praticate nel settore”.

 

 

( Fonte La Repubblica )

 

Annotazioni a margine

 

L’ho scritto e lo scriverò ripetutamente : è da vietare l’aggiunta di zucchero ottenuto da barbabietola o da canna, in quando andiamo ad unire al succo di uva, che poi diventerà vino, un’altro alimento che nulla a che a vedere con il vino ; poi tutte le disquisizioni sulla tipicità, territorialità, vitigni autoctoni ecc. saranno solamente parole al vento ed inutili !

Sono invece favorevole, solo in casi estremi, all’aggiunta del mosto concentrato rettificato, ottenuto dal mosto d’uva,meglio ancora sarebbe se proveniente dalla stessa tipologia d’uva, ma qui entriamo nel campo dell’utopia !

Al bando lo zuccheraggio nel vino !!

 

Roberto Gatti

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Giudice degustatore ai Concorsi Enologici Mondiali più prestigiosi tra i quali:

» Il Concours Mondial de Bruxelles che ad oggi ha raggiunto un numero di campioni esaminati di circa n. 9.080, dove partecipo da 13 edizioni ( da 9 in qualità di Presidente );

>>Commissario al Berliner Wine Trophy di Berlino

>>Presidente di Giuria al Concorso Excellence Awards di Bucarest

>>Giudice accreditato al Shanghai International Wine Challenge

ed ai maggiori concorsi italiani.

2 Commenti

  1. Caro Roberto,

    vorrei esprimere, rispettosamente, qualche precisazione ;-)

    1) l’arricchimento è una sofisticazione, e non essendo indicato in etichetta è sleale e dunque una presa in giro del consumatore, poco importa che si faccia con zucchero secco o sciroppo di MCR od osmosi o, per i vini meridionali, acido tartarico.

    2) La distinzione tra zuccheri d’uva e zucchero di canna o barbabietola è assurda, perchè il MCR è uno sciroppo disacidificato di glucosio e fruttosio da uva, ma dopo il raffinamento dell’origine “da uva” non rimane la minima traccia, in altre parole, è zucchero puro.
    Il saccarosio non essendo fermentescibile, prima dell’uso viene riscaldato per convertirlo in zucchero invertito, cioè uno sciroppo di glucosio e fruttosio esattamente identico al MCR.

    3) Quindi argomentare che il MCR permette di rientrare nell’idea che il vino deve essere fatto solo con uva è un sofisma subdolo, sapendo che per ottenere il MCR (che è puro zucchero), il mosto d’uva viene concentrato per evaporazione scaldandolo a circa 60 gradi sotto vuoto e rettificato passandolo con pressione di circa 60 atmosfere per membrane di resina a scambio ionico, togliendo ogni traccia di acidi organici, polifenoli o precursori aromatici, questi ultimi ulteriormente degradati e deformati dal trattamento termico e ossidativo. Di conseguenza, l’arricchimento di un vino con MCR ottenuto da uve della stessa varietà e della stessa zona è un’utopia assurda e inutile, in quanto il risultato sarebbe identico con MCR da uve da vitis labrusca coltivata in Papuasia.

    4) Ecologicamente la produzione di MCR è un procedimento sporco, che richiede molta energia per l’evaporazione, mentre la rettificazione produce una grande quantità di effluenti liquidi e scorie solide.

    5) se in Italia viene vietato l’uso di zucchero, è proprio perchè l’Italia ha combattuto aspramente, creando un potente lobby con il supporto del governo, per difendere l’uso del MCR, di cui l’Italia (leggi: Sicilia) è, guarda caso, di gran lunga il più grande produttore al mondo. Infatti menzioni De Castro, che si batte ancora oggi per difendere questa pratica illecita e costosa. Quindi se il viticoltore sofisticatore italiano è “penalizzato” da costi di arricchimento più alti di quelli per il sofisticatore nord-europeo, può ringraziare proprio il governo italiano! Affermare che il nord fa concorrenza sleale è ridicolo, in quanto è l’Italia che ha voluto che sia proprio così.

    6) eventualmente se vi è concorrenza sleale tra sofisticatori italiani e sofisticatori del Nord, il fattore “sleale” sta da parte dell’Italia, perchè l’uso di MCR (liquido) permette anche di aumentare il volume del mosto, legalmente fino al 6,5%, mentre l’uso di zucchero secco ha poco effetto sul volume.

    7) Lo zuccheraggio in Germania, Francia Nord, ecc. (zona C1) è autorizzato dal regolamento europeo 479/2008 allegato V, ma solo nel senso che “quando le condizioni climatiche … lo richiedano, gli Stati
    membri interessati possono autorizzare…”. Inoltre l’aumento autorizzato è limitato, nel caso della Francia, a un grado e mezzo.

    8) hai omesso di menzionare che nel “nuovo mondo” (USA, Australia, Cile, Cina, ecc.) l’arricchimento è ammesso anche in condizioni normali e senza limiti.

    9) sia per il nord che per il sud, oggi si preferisce sofisticare il vino ricorrendo all’osmosi inversa, che non lascia alcuna traccia. Infatti esistono centinaia di unità mobili che possono intervenire direttamente nella cantina del sofisticatore, rapidamente, per poi… sparire. Almeno così si fa in Francia ;-)

    10) mentre i vini da climi freddi vengono arricchiti aggiungendo zucchero, per i vini meridionali esiste una forma di arricchimento di cui pochi parlano, ma che viene prticata molto frequentemente: l’acidificazione. Poichè i cristalli di acido tartarico vengono ottenuti, come il MCR, tramite un procedimento industriale pesante proprio dall’uva, anche qui si potrebbe ricorrere al sofisma dell’origine “da uva”, mentre è un semplice caso di sofisticazione legale.

    11) Aggiungo, da appassionato di vini botritizzati, che l’arricchimento con zucchero si fa anche sulle grandi muffe nobili della Loira e di Sauternes, e non solo per i vini a basso costo che vendono al supermercato per accompagnare il foie-gras-ricostituito a Natale, ma anche tra aziende di grande prestigio. Scandalosamente, nel caso del Sauternes, il numero di aziende che NON arricchisce regolarmente si conta con le dita di una mano. Arricchire vino secco è certamente sleale, ma arricchire un vino dolce dovrebbe essere punibile con la tortura ;-)

    12) Affermi che nei vigneti tedeschi c’è poco sole, che senza lo zuccheraggio si otterrebbero vinelli da 7/8 gradi che non avrebbero nemmeno le caratteristiche per entrare nei mercati. Al contrario, le zone vinicole buone hanno tanto sole quanto la Borgogna, e i vitigni locali in quelle condizioni producono uve ricchissime di zuccheri naturali e al 100% mature. Per i vini dolci si usa la “Süssreserve” che deve venire al 100% da mosti dello stesso vino, mai con MCR o zucchero. Il riesling tedesco non ha rivali. Esistono grandissimi vini tedeschi che non superano i 10 gradi, e nessuno si sognerebbe di dire che non sono vini semplicemente perchè non entrano nella definizione italiana o francese di un vino.

    Sapendo che l’arricchimento, a parte l’aumento del grado alcoolico o del tasso di acidità, non reca il minimo miglioramento alla qualità del vino (garbage in – garbage out), avrei preferito che tu avessi concluso il tuo articolo così:

    Al bando l’arricchimento del vino, senza eccezioni !!

    con grande simpatia

    Mike