Un terroir lascia «impronte digitali» inconfondibili sulla bottiglia. Ma poi durante la conservazione può cambiare tutto
( Vigneti a Mendoza )
Ogni vino ha la sua «firma» molecolare, che può certificare provenienza territoriale e qualità: è la scoperta di un gruppo di scienziati americani, presentata all’incontro della American Chemical Society a SAN FRANCISCO. Come verificare e garantire che quel vino pregiato sia davvero lui? È questa la domanda all’origine della ricerca dell’Università della California a Davis. Il terroir, quell’insieme unico di CARATTERISTICHE di clima, geologia e geografia di un territorio che s’imprime nel Dna di un vino, può essere davvero identificato in una bottiglia? Ebbene, la risposta è sì.
Malbec
Gli scienziati hanno scoperto che i vini pregiati POSSIEDONO una sorta di «impronta digitale» chimica che permette di garantirne l’autenticità. Il vitigno prescelto per l’esperimento è stato il Malbec, originario della Francia e molto coltivato in alcune aree di Argentina e California (in Italia piccole coltivazioni in Veneto e Friuli). Gli scienziati si sono concentrati sui composti volatili, quelli che arrivano al naso quando si degusta un vino. A un gruppo di esperti è stato chiesto di definire venti caratteristiche sensoriali di vari vini, tutti prodotti con la stessa varietà di Malbec, cresciuta però in territori diversi. Le caratteristiche includevano l’aroma (floreale, cioccolato, frutto scuro), il gusto (dolce, amaro) e la consistenza (viscosità). PER ESEMPIO, i Malbec argentini, cresciuti ad altitudini più elevate, sono più dolci, alcolici e con aromi di frutta matura rispetto ai californiani.
( Vigneti a ridosso della cordigliera delle Ande ad altezze fino ai 2000 mt/slm )
Differenze
Le differenze regionali e subregionali EMERSE dalla valutazione dei nasi e palati esperti, sono risultate perfettamente rispecchiate nei diversi profili chimici ottenuti dagli scienziati grazie alla gascromatografia-spettrometria di massa, un’avanzata tecnica analitica che permette la determinazione dei composti di una matrice complessa quale il vino. Conclusione: le differenze notate non sono una questione solo soggettiva, ma sono chiaramente identificabili dal punto di vista chimico.
Anti-frode
La DOMANDA di test oggettivi che certifichino la provenienza del vino è oramai forte: innanzitutto le frodi che hanno come oggetto costosi vini d’annata sono sempre più frequenti, e tali esami aiuterebbero i piccoli produttori a proteggere i diritti di proprietà intellettuale sulle loro creazioni. Verrebbero inoltre in aiuto a tutti i consumatori in balia della terminologia altisonante e nebulosa che caratterizza la critica enologica. La domanda successiva è allora: si può certificare anche la provenienza da specifici vigneti, e vendemmie? Ciò è stato oggetto di uno studio separato, sempre condotto da ricercatori della Davis. Autore principale della RICERCA è Susan Ebeler, organizzatrice del simposio sui «Progressi nella ricerca enologica» nell’ambito dell’incontro dell’American Chemical Society.
«Un codice a barre» del vigneto
Lo studio ha rilevato che, anche all’interno di uno stesso vigneto, elementi quali zinco e nichel, che costituiscono un «codice a barre» del terreno, possono variare enormemente. Attenzione però: nonostante l’importanza del territorio specifico nella determinazione delle CARATTERISTICHEorganolettiche dei vini, e della loro identificabilità, il bouquet – specialmente dei vini delle annate più rare – può facilmente ESSERE corrotto nella fase di conservazione dopo l’imbottigliamento, ammoniscono gli scienziati.
Invecchiamento-conservazione
Di questo aspetto si è occupato uno studio italiano, anch’esso presentato al simposio. Gli scienziati della Fondazione Edmund Mach di SAN Michele all’Adige (Tn) hanno appurato differenze sconcertanti nell’invecchiamento del vino a seconda delle condizioni di conservazione. I ricercatori hanno piazzato 400 bottiglie di Sangiovese in cantine professionali a temperatura rigidamente controllata, e in una stanza buia in condizioni simili a quelle di conservazione domestica: «Dopo sei mesi d’invecchiamento in condizioni casalinghe, il vino nella bottiglia era ‘vecchio’ circa quanto un vino dello stesso produttore e lotto conservato per due anni in cantine professionali», ha dichiarato l’autore principale della ricerca, Fulvio Mattivi. «Il vino conservato in casa stava INVECCHIANDO circa quattro volte più velocemente dell’altro». A discapito, però, di qualità e bouquet.
( Fonte corriere.it )
P.S. ) Durante un convegno di almeno 7/8 anni fa, la Prof.ssa Anna SCHNEIDER dell’Università di Torino, ci descriveva la tecnica che permette l’identificazione del vitigno di provenienza, tramite il suo Dna !!