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LA TECNICA E’ NULLA SENZA TENACIA

Ripropongo volentieri queste ” riflessioni a voce alta ” dell’enologo Umberto Trombelli, che faranno riflettere ogni appassionato della materia vino ed ogni addetto ai lavori. Personalmente non posso non essere d’accordo e condividerle con tutti Voi.

Buona lettura

 

 

Lᴀ ᴛᴇᴄɴɪᴄᴀ ᴇ̀ ɴᴜʟʟᴀ sᴇɴᴢᴀ Tᴇɴᴀᴄɪᴀ
I vini si potrebbero distinguere in due categorie: quelli prodotti in serie, come se si fosse
su una catena di montaggio e quelli fatti per durare, per regalare emozioni, fatti con il
cuore, la passione e l’arte.
Entrambi giustificano la loro esistenza e tra loro si trovano quelli prodotti con dovizia e
quelli poco curati. Le tecnologie avanzate, le cantine super attrezzate, la sfrenata ricerca
del livello standardazzato della qualità sono importanti, il più delle volte fondamentali, per
produrre i primi ma possono essere superflue per i secondi. Senza il contatto dell’uomo
con la vite e con la terra, senza la comprensione dei fenomeni che conducono alla
maturazione, senza l’uso della umana sensibilità nell’utilizzo e la scelta dei processi
vinificatori per esaltare i pregi di quell’uva in quell’anno e in quelle uniche condizioni
ambientali, i vini restano impersonali, generici, bevande senza anima.
E allora mi domando rivolgendomi ai colleghi e ai consulenti: “ I protocolli standardizzati,
uguali dal Nord al Sud sono utili per i primi ma se devi produrre vini con l’anima, se devi
produrre Territorialità hanno uguale importanza?”. Ancora, rivolgendomi agli imprenditori
vitivinicoli: “ E’ utile investire tempo e denaro curando le pubbliche relazioni, le storytelling
termine tanto di moda, nella speranza di ottenere recensioni positive ma senza aver
consolidato la qualità dei propri vini in un ambito territoriale concreto e vocato? Non si
tratta di ottenere una effimera gloria momentanea?”.
Il mondo del vino, per quanto affascinante, evoluto e in crescita qualitativa, si sta
intossicando. La corsa ai premi, alle recensioni, ai centesimi, ai ventesimi, ha preso il
sopravvento tanto da influire sulle scelte strategiche aziendali.
Capisco che monetizzare investimenti dispendiosi è faticoso e comprendo che la
tentazione di accelerare il rientro di capitali sia una forte tentatrice. Ritengo, però, che
questa strada non porti un valore aggiunto stabile e duraturo. Se vogliamo competere in
qualità e prestigio non credo sia questa la via. Le fortune di un vino e del suo territorio di
origine si fanno gettando le basi, le fondamenta perchè, altrimenti, la casa crolla prima o
poi.
In 35 anni di attività ho affrontato molte volte queste problematiche: ho perso molte
opportunità di lavoro e altre ne ho scelte o ne sono stato scelto. In ogni caso non mi
riconosco in chi cura di più le pubbliche relazioni e meno il vigneto e poi la cantina. Il mio
stile di lavoro è incentrato nell’aiutare un “ Marchio”, un’ Azienda a emergere sviluppando
un progetto di crescita qualitativa, partendo da un progetto viticolo, formando il personale,
giocando di squadra e rendendola solida e sicura delle proprie potenzialità, capace di
proiettarsi nel lungo periodo. Le pubbliche relazioni vengono dopo e comunque crescono
con l’Azienda stessa.
Ha ragione un produttore friulano quando dice che la filosofia dovrebbe venire prima
dell’enologia. Tale principio dovrebbe valere in modo universale anche se quel signore non
dice che alla base dell’enologia la filosofia è già presente. L’enologia che intendo e che ho
studiato non è solo quella scienza ipertecnologica che conoscono e studiano oggi le nuove
generazioni, motivo per cui molti colleghi, benchè più preparati su alcune tematiche, si
perdono di fronte alle difficoltà che questo mestiere ti pone davanti. Mi direte che è
mancanza di esperienza. Si,vero, ma non solo: è la mancanza di pazienza, è la smania di
correre e arrivare quanto prima, la superbia di pensare che solo dalla tecnologia si
possano ottenere vini degni di nota. Nel produrre un vino importante ci vuole enologia
sapiente e tanta pazienza; ci vogliono vigneti che invecchino decine di anni ( non spiantati
a 20 anni), impiantati in luoghi vocati, esposti bene e inseriti in un contesto bio sostenibile (
inteso soprattutto come preservazione delle macchie boschive, delle siepi e delle
biodiversità); ci vogliono uomini che li curino con arte e uomini che vinifichino con cura e
altrettanta arte le uve e poi ancora pazienza, a volte tanta pazienza prima di venderli
perchè i vini devono affinare in bottiglia.
La crisi provocata da questo virus è epocale. Tutti i settori produttivi ne risentono e ne
risentiranno pesantemente. La cruda verità è che il settore più danneggiato è proprio
quello che ci si auspicava potesse cambiare le sorti del nostro paese e rilanciarlo: il
Turismo. Il mondo del vino vive di turismo e senza di esso deve ora sopravvivere nella
speranza di potersi rilanciare quando ritornerà la normalità; ciò non toglie che qualcosa sia
cambiato e spero che il mercato non condanni i vini pregiati, quelli per cui vale la pena
vivere momenti piacevoli e conviviali, vini da legare ai nostri ricordi,
conservandoli,invecchiando con loro perchè questo è il fascino che il vino ha sull’uomo.
Mi auguro che i vini tecnologici non vincano!
Umberto Trombelli